Liberarsi del passato: come smettere di crogiolarsi nel dolore

Affrontare il passato è un viaggio complicato. Ecco come liberarsene.

Il passato è un macigno che ci schiaccia, una zavorra che ci impedisce di respirare. Eppure, continuiamo a rimanere attaccati a quegli stracci di ricordi, come se fossero la nostra unica ragione di vita. Non è ironico? Ci lamentiamo, ci dibattiamo nel dolore, ma quando si tratta di lasciar andare, ecco che ci si attacca come una sanguisuga. Perché? Perché, in fondo, ci piace crogiolarci nelle nostre sventure, è quasi un piacere masochista. Ma c’è un modo, un’opzione, per liberarsi da questa prigione mentale: lasciar andare. Sì, proprio così. Ma chi ha voglia di fare un lavoro su se stesso quando si può continuare a fare la vittima?

Il peso degli amori perduti

Parliamo di relazioni finite. Ah, che bel tema! Difficilissimo da affrontare, eh? Eppure, ci ritroviamo sempre a rimuginare su quell’ex che, diciamocelo, ci faceva soffrire come un cane. Ma perché? Perché ci innamoriamo delle emozioni, non della persona. Ci attacchiamo a quel briciolo di felicità che ci ha dato, ma dimentichiamo quanto ci ha fatto soffrire. È come un cane che torna a leccarsi la ferita invece di cercare un osso nuovo. E quando la relazione finisce, diamo la colpa all’altro, come se fossimo noi gli innocenti in questa storia. Ma l’unica cosa che cresce è il nostro rimpianto. Fino ad arrivare al punto di non sopportare l’idea che l’altro possa vivere serenamente senza di noi. E in alcuni casi, beh, la cronaca ci racconta di drammi che fanno accapponare la pelle.

Compensazioni tossiche

Poi c’è la questione della compensazione. Non trovando ciò che ci serve dentro di noi, ci aggrappiamo a relazioni tossiche. Ma chi ha voglia di affrontare il proprio vuoto interiore? È molto più comodo restare attaccati a un amore che ci fa male ma che, almeno, riempie il nostro tempo. E così, continuiamo a vivere in una bolla di tensione e sofferenza, rifiutando di accettare che l’altro è cambiato. Preferiamo rimanere ancorati a un’idea fissa, a una proiezione che ci siamo creati. È come voler tenere in vita un pesce morto: non ha più senso, ma ci ostiniamo a sperare in un miracolo.

Il dramma della gelosia retroattiva

Ma non è finita qui: ecco che entra in gioco la gelosia retroattiva. Oh, che bellezza! La sindrome di Rebecca. Iniziamo a rovistare nel passato del nostro partner, come se fosse un tesoro da scoprire. “E con lei era felice?”; “E a letto, quanto era bravo?”. Domande che non portano a nulla se non a distruggere il nostro equilibrio. Perché il passato dell’altro non ci riguarda. Ma, ovviamente, ci piace scavare e scavare, fino a trovare qualcosa che ci faccia stare male, alimentando la nostra insicurezza. Diciamocelo: più siamo attivi sui social, più ci incasiniamo. La deriva digitale delle coppie è un fenomeno che fa venire i brividi. E indovinate un po’? Più ci muoviamo online, più litighiamo e ci sentiamo insoddisfatti. Una vera e propria catastrofe relazionale.

Accettare il dolore con Shikata ga nai

Ma allora, come ci liberiamo da questo fardello? C’è una filosofia giapponese che ci viene in soccorso: Shikata ga nai. In soldoni, significa “non c’è nulla da fare”. Ma non è una resa, è un’accettazione. Accettare che alcuni eventi siano al di fuori del nostro controllo. È un po’ come imparare a ballare sotto la pioggia, invece di aspettare che smetta di piovere. È un invito a vivere nel presente, a lasciare andare il passato. Certo, ci vuole coraggio, e chi ha voglia di affrontare la realtà quando si può stare a lamentarsi?

Strategie per lasciar andare

Nel libro di Lumera ci sono consigli su come liberarci da queste catene invisibili del passato. Partiamo dalla gelosia retroattiva per espanderci ad altre dinamiche di coppia. È un lavoro lungo, certo, ma chi ha voglia di sbattersi? Ed ecco che, con un po’ di ironia, ci ritroviamo a riflettere su quanto possa essere liberatorio lasciar andare. Ma come sempre, la vera domanda è: chi ha voglia di farlo?

Scritto da AiAdhubMedia

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